Braccianti
La massa dei lavoratori agricoli superò i 100.000 (60.000 nel 1930). L’agricoltura ferrarese, con una così alta massa di lavoratori, riusciva a dare lavoro per nove mesi all’anno a un uomo, sei mesi a una donna e quattro mesi a un ragazzo. Sì trattava perciò di un fenomeno di sottoccupazione strutturale, aggravato dal fatto che la pressione di una massa così rilevante di braccianti impone di imporre di distribuire equamente il poco lavoro disponibile su tutti i richiedenti.
Nella primavera del 1949 si sviluppò un grande movimento di lotta per garantire un’applicazione in senso democratico delle norme sul collocamento, messo in pericolo dalla legge Fanfani dello stesso anno. Le lotte agrarie nelle campagne ferraresi era imperniata sulla questione del collocamento della manodopera per porre rimedio al problema dell’eguale ripartizione dello scarso lavoro fra una massa di sottoccupati cronici. In tutta la provincia inizia una fase di massiccia mobilitazione dei braccianti.
La terra condotta a compartecipazione era più che dimezzata. Dal 1952 il numero dei braccianti si era dirotto da 110.000 a 60.000 unità. A operare questa drastica riduzione fu per l’espansione delle macchine nelle campagne. In quel periodo una parte dei braccianti aveva acquisito nuove specializzazioni in relazione alle nuove culture e dei mezzi meccanici. A seguito di questi “sconvolgimenti” migliaia di lavoratori agricoli si riversarono nei centri urbani.
Nel IV congresso provinciale del PCI – 23-25 gennaio 1951 – il partito si pose come obiettivo della conquista di migliori condizioni dei braccianti e appoggia l’azione del sindacati – dove era presente massicciamente – delle lotte del Delta pagano e di Lagosanto – iniziate con gli scioperi del 1949 – e affermò la necessità della assegnazione ai braccianti e ai contadini poveri (associati in cooperative) delle terre incolte e malcoltivate. Inoltre denuncia, nuovamente, che la legge stralcio corrispondeva agli interessi elettorali della DC, ma tuttavia la riforma rappresentava un risultato delle lotte dei lavoratori della campagna e che doveva essere attuata nei comuni considerati “aree depresse”.